CONOSCERE PER FOTOGRAFARE –
Una riflessione personale, nel pensiero della fotografia.
Chiederti cosa
è la fotografia sembra una domanda ormai superata, quasi del paleolitico, quasi
a sembrare una domanda che ha già trovato una risposta anche ( e per colpa, se
posso azzardare) grazie all’uso del nuovo digitale, che ha ormai superato di parecchio quello
analogico. Eppure non è scontato che oggi, tu ed io non sappiamo dare una risposta ben precisa. Perché,
semmai, c’è forse una definizione esatta di fotografia?
Mi
viene spontaneo quasi porgermi numerose domande, che se potessi non mi fermerei
più. Del tipo, qual è la verità del “concetto
di fotografia”?
La
risposta, personalmente è chiara.
Io
e tu la pensiamo e viviamo diversamente fino a definire la mia e la tua
fotografia una memoria con una propria identità. Legata alle nostre memorie
personali.
Se
oggi noi utilizziamo, con piacere, il termine “fotografia” lo dobbiamo a
Herschel, che si dilettava di filologia[1].
La sua scoperta andava a sostituire l’espressione di “ disegno
fotografico”. Per coniarlo, innanzitutto
doveva nascere la tecnica, doveva esistere, dopo quattro mila anni, l’uomo
sentì il dovere di avviare, non a caso di pari passo con il processo dell’industrializzazione, all’impressione dell’immagine, una tecnica
chimica nota come iposolfito di sodio, o iposolfito comunemente definito dai
fotografi.
Tutto ciò lo dobbiamo ai padri della fotografia,
tanto per citarne i più importanti: Niepce, Daguerre, Talbot.
Ma
questo non è un corso di fotografia, né siamo qui a fare concetti teorici troppo complessi.
Il
solo termine “fotografia” che non è
soltanto scrittura di luce, per me e per te rappresenta e diventa qualcosa di
magico, di misterioso, perché non solo fermiamo il tempo, lo impressioniamo, ma
diamo il senso al senso della fotografia. Noi diventiamo, sensibili, come la
pellicola è sensibile all’esposizione della luce, io e te diventiamo sensibili
a ciò che vogliamo raccontare. Il terzo
io che si fa pensiero e si materializza, per trasmettere una propria identità
che diventa memoria e racconto.
Noi siamo abituati a definire
per causa dell’effetto che provoca in noi la fotografia. Scattata la foto, per
intenderci, io e te viviamo l’esperienza dell’effetto che essa produce. E sono
svariati i sentimenti.
Questa
è la fotografia che viene definita dai nostri sentimenti.
La
definizione è nel nostro concetto di vita.
La
foto è memoria, identità di un vissuto nella quale noi scriviamo un racconto.
La
foto è anche pensiero. Il pensiero che si esprime in uno sguardo e l’agire è la
conseguenza che provoca lo scatto, ovvero ciò che noi impressioniamo con il
nostro sensibile oltre ad essere accompagnati dal sensibile del digitale.
Ti
sei mai chiesto invece, perché ho scattato una fotografia? Riconosco il fatto che prima di me, molti
hanno realizzato scatti. E ancora prima, un secolo fa, nascevano i primi
scatti, realizzati da scienziati, studiosi, appassionati. Qual è il senso che
voglio ricavare dall’azione che sto compiendo? La mia fotografia cosa è? E
ancora, cosa distingue me da un artista? Non siamo tutti artisti, forse? Mi
viene l’istinto di catturare un istante, perché? Mi rendo conto che la mia è
un’arte nata da qualche secolo? E cosa ne sarà del futuro? Quale nuova
esperienza, da quello che prima era analogico adesso è digitale e dopo? Sarà
possibile entrare dentro la fotografia? Potrei continuare a farti domande, ma
io e te ci rendiamo conto che è difficile rispondere, ma quello che io e te ci
domandiamo è se serve fare queste riflessioni.
Dal
mio punto di vista, oggi abbiamo smesso di pensare e smettere di pensare
provoca lo spegnimento della fantasia, del raccontare, del vivere
l’immaginazione e produrlo. Siamo pieni di immagini (Lezione di fotografia,
Luigi Ghirri, ti consiglio di leggerlo)
quante immagini oggi ci circondano? E la televisione?
Ecco
qui è il punto, riuscire ad utilizzare il pensiero per non essere invasi dal
mondo che ci circonda. Proviamo ad essere anticonformisti, proviamo prima a
scrivere, a raccontarci e dopo a realizzare scatti. Raccontiamo. Usiamo i nostri sensi, usciamo dalla gabbia del
mercato che opprime la nostra facoltà di essere liberi. La tecnica della
fotografia, mi chiederai, allora non serve a niente? La tecnica, ti rispondo, è
superflua, diventa un muro quando non riesci ad esprimere il senso di quello
che hai scattato.
Ad esempio, ieri ho fatto uno scatto, ho osservato il tavolo della mia cucina e mi
sono soffermato su un dettaglio; l’angolo. Se allo scatto io non ho scritto,
non ho comunicato, la foto è nulla. Rimane un immagine. Rimane soltanto uno
scatto meraviglioso o decisamente brutto.
Ma
io e te sappiamo che non basta limitarci a dire soltanto bella o brutta. Ma
coglierne il senso. Quell’angolo ombroso di quel tavolo bianco con un primo
piano e uno sfocato in secondo piano rappresenta la mia identità, l’angolo
della mia vita.
Allora
tu, penserai e cercherai di metterci del tuo. Ecco il percorso che intenderemo
fare insieme. Fermarci, scoprire, va bene la tecnica, ma cogliamone il
sensibile che è in noi.
Chiedi
la differenza tra un artista e me. Siamo tutti artisti. Solo se non daremo al
senso il senso rimarrà soltanto uno scatto. Oggi è una bella giornata,
fotografo il paesaggio. Perché l’ho
fatto? Perché chi lo vede possa meravigliarsi. Non solo, ho voluto comunicare: bellezza,
colore, sentimento.
Se ho fatto una foto ferma, ho messo il cavalletto,
mi sono dedicato ad una buona composizione, ho appena comunicato tranquillità,
pace. Ma se la stessa foto la faccio movimentata con dei tempi diversi allora
il concetto cambia. Forse parlerò di irrequietezza, di mancanza di affetto.
Non
ci rendiamo conto ma la fotografia è come un libro, racconta senza che noi ci
rendiamo conto, ma io e te impareremo a controllare la nostra sensibilità.
Insieme sapremo raccontare. Ecco in
sintesi l’incontro di oggi, conoscere per raccontare, per fotografare.
Abituiamoci a pensare, così potremo nel frattempo comprendere anche il senso
della riflessione e abituarci a raccontare con la nostra sensibilità la
scrittura delle emozioni.
Per
concludere, ci imbatteremo in un percorso “particolare” per l’uso che ne
faremo. Parleremo di digitale, parleremo con gli smartphone. Non si tratta di
sminuire “la Reflex” ma si tratta di prendere in esame un percorso
sperimentale, nozioni di fotografia saranno la base, ma il percorso è del tutto
sperimentale. Agire, pensare, modellare, materializzare il nostro pensiero. Lo
faremo, scoprendo il nostro territorio, andremo a rivisitare i luoghi, le
tradizioni. Tracceremo un percorso culturale fotografico. Lo smartphone è il
pretesto, l’idea è il resto, permettetemi questa semplice battuta.
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